Sicurezza sul lavoro, salvo lo stipendio del lavoratore sospeso in caso di violazione

Sicurezza sul lavoro: il lavoratore ha diritto allo stipendio anche in caso di sospensione dell’attività per motivi di sicurezza sul lavoro, come espresso nella circolare n. 3 del 9 novembre 2021: l’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce le modifiche del DL Fiscale in tema di sospensione dell’attività imprenditoriale quando siano riscontrate irregolarità.

Tra le novità più significative, il decreto collegato alla Legge di Bilancio 2022 ha circoscritto i casi che determinano l’adozione del provvedimento di sospensione immediata per gravi violazioni in materia di sicurezza. Sospensione che, in alcuni casi, coinvolge solo la parte dell’attività interessata dalla violazione e, in altri, i lavoratori (o anche il solo lavoratore) per cui non sono state applicate le regole della sicurezza.

L’interruzione imposta dell’attività lavorativa non esclude l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione dovuta e versare i relativi contributi.

Tra le modifiche c’è la riduzione della percentuale di lavoratori irregolari che determinano la sospensione dell’intera attività imprenditoriale dal 20 al 10 per cento. L’adozione del provvedimento avviene senza alcuna discrezionalità da parte dell’ispettorato, pertanto automatica in caso di controllo.

A questa si affianca quella per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza, individuate tassativamente nell’Allegato I del Testo Unico così come modificato dal Decreto Fiscale.

Si tratta per esempio delle situazioni in cui non venga redatto il Documento di Valutazione dei Rischi (€2500) o dell’omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza (€3000). Anche una sola violazione, precisa l’INL, comporta la sospensione.

Le modifiche inserite sono riportate nella tabella seguente.

Attenzione, nelle ipotesi in cui il mancato rispetto delle misure comporti un pericolo significativo, quali la mancata attività di formazione e addestramento del dipendente o l’assenza di dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto (punto 3 e punto 6 dell’Allegato I), la sospensione riguarda solo i lavoratori nei confronti dei quali sono state riscontrate queste violazioni. In tal caso, il provvedimento comporta l’impossibilità per il datore di lavoro di avvalersi di quel lavoratore fino alla revoca dello stesso, ma con corrispondente conservazione del diritto alla retribuzione. Se per la consegna dei DPI in uno o due giorni si risolve la cosa, in caso di formazione e addestramento potrebbero non essere sufficienti. Magari ci vorrà una settimana, magari due per organizzare il corso, erogarlo e rendicontarlo, ma in tutto questo tempo il lavoratore sarà comunque retribuito, senza essere presente sul luogo di lavoro.

Per ottenere la revoca del provvedimento di sospensione, sia che si tratti di lavoro “in nero”, sia che si tratti di inadempimenti in materia di sicurezza, l’azienda dovrà quindi procedere alla regolarizzazione e poi pagare le sanzioni.

In tutte le ipotesi di violazione il datore di lavoro dovrà, dopo aver fatto quanto serve perché la situazione sia “a norma”, provvedere al pagamento di una somma aggiuntiva prevista per ciascuna fattispecie di violazione.

In pratica, per ottenere la revoca si dovrà pagare un importo dato dalla sanzione specifica per il reato commesso, dalla sanzione accessoria prevista dall’Allegato I oltre a quanto previsto dalla normativa sui lavori irregolari.

Insomma con questa modifica si vuole insistere sul far applicare il Testo Unico della Sicurezza colpendo il portafoglio dell’impresa. Forse discutibile come metodo, forse di difficile attuazione in termini di prevenzione, ma il concetto è sempre quello: il numero crescente di infortuni che stiamo vivendo da alcuni anni è dovuto al fatto che molti mettono come prioritario il portafoglio e poi la sicurezza sul lavoro. Il Governo sta cercando di far cambiare priorità con un appesantimento importante

Infatti, se dopo aver regolarizzato la situazione non si fosse in grado di pagare le sanzioni (ora più elevate di prima), non si riuscirebbe ad avere la revoca con conseguente aggravio di costi

Alcuni piccoli imprenditori, sono sicuro, stanno già pensando “se succede, io chiudo l’azienda”. Attenzione che probabilmente sarà una delle poche scelte possibili

 

Ai posteri l’ardua sentenza