Sicurezza sul lavoro e Salute nei luoghi di lavoro post-pandemia

La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto significativo sulla sicurezza e la salute sul lavoro a vari livelli. In primo luogo, la situazione pandemica comportava rischi per la salute dei lavoratori. I luoghi di lavoro sono stati fonte di preoccupazione per i contagi durante la pandemia, che ha portato la maggior parte dei governi europei a ordinare ai lavoratori che potevano lavorare da casa di non andare al solito posto di lavoro. Inoltre, i lavoratori sono stati stressati dalla situazione generale di emergenza, dai blocchi forzati e dall’aumento delle richieste e della pressione lavorativa, che sono associati a problemi di salute mentale.

In secondo luogo, la crisi ha sottolineato l’importanza di un’efficace gestione della sicurezza e della salute sul lavoro in quanto la pandemia ha contribuito a cambiare il modo in cui i lavoratori percepiscono la sicurezza e la salute sul lavoro, l’importanza che attribuiscono al sentirsi protetti e sicuri sul lavoro e ha avuto un impatto significativo sulla sicurezza e la salute sul lavoro a vari livelli.

 

Il documento «OSH Pulse – Sicurezza e salute sul lavoro dopo la pandemia» presenta i risultati di un’indagine commissionata dall’EU-OSHA con l’obiettivo di ottenere informazioni sullo stato della sicurezza e della salute sul lavoro dopo la pandemia.

L’indagine è stata commissione da Eu-Osha a Flash Eurobarometer – OSH Pulse, è stata condotta dal 25 aprile al 23 maggio 2022 e ha coinvolto tramite interviste telefoniche 27.250 lavoratori dipendenti in tutti gli Stati UE più Islanda e Norvegia.

I risultati fanno luce sui fattori di stress per la salute psicofisica dei lavoratori e sulle misure di sicurezza e salute sul lavoro realizzate nell’ambiente lavorativo.

Parlare di salute mentale non è più tabù, infatti, secondo il 50% dei lavoratori, la pandemia ha reso più facile parlarne al lavoro. Tuttavia, non tutti i lavoratori si sentono a proprio agio nel parlare di come si sentono. Mentre il 59% ha dichiarato di sentirsi a proprio agio nel parlare della propria salute mentale al rispettivo superiore diretto o supervisore, il 50% teme che rivelare un problema di salute mentale possa incidere negativamente sulla propria carriera.

Ad esempio, il 60% degli intervistati che lavorano in aziende con un punteggio basso nell’indice della cultura della prevenzione dichiara di dover affrontare una forte pressione sul tempo di produzione e un sovraccarico di lavoro, rispetto al 41% degli intervistati che lavorano in aziende con un’elevata cultura della prevenzione.

L’indagine prosegue con l’analizzare come l’impatto della pandemia abbia inciso sullo stress e la salute mentale dei lavoratori, più di quattro intervistati su dieci in tutta l’UE concordano sul fatto che il loro stress lavorativo è aumentato a causa della pandemia di COVID-19.

Nelle piccole e medie imprese ancora oggi è difficile parlare di stress lavoro correlato. Pur essendo un problema da affrontare già dal 2004 risulta di difficile interpretazione. Fino a che punto un lavoratore è sovraccarico mentalmente? Dove è il limite per identificare chi se ne approfitta per fare meno di quel che deve? Quali parametri bisogna valutare per capire quanto incide l’organizzazione del lavoro sullo stress psicofisico?

Spesso sento dire che le riunioni sono inutili e per questo non si fanno. Poi le persone lamentano che non hanno mai le informazioni corrette

In altre realtà mi dicono che devono decidere a quale riunione partecipare perché spesso sono in sovrapposizione e non possono seguirle tutte.

Dov’è il giusto equilibrio?

Certo una corretta organizzazione porta al giusto equilibrio, ma se le persone non si sentono libere di esprimere le proprie difficoltà perché hanno paura di essere etichettati come scansafatiche, sarà difficile in quell’azienda operare le giuste scelte. E lo stress lavoro correlato sarà alto

 

Ai posteri l’ardua sentenza