Risoluzione Parlamento UE: stare sempre on line fa male alla salute

Ma cos’è il diritto  la disconnessione?

Mentre ti godi un fine settimana in famiglia, il sabato mattina ricevi un’e-mail e anche se sai che è il tuo giorno libero, da dedicare alla famiglia e al riposo, ti senti in dovere di rispondere.

Il Parlamento UE vuole tutelare il tempo libero dei lavoratori da chiamate, messaggi o e-mail di lavoro.

Gli Eurodeputati  chiedono alla Commissione di elaborare norme che regolino gli strumenti di lavoro digitali consentendo ai dipendenti di staccare la spina al difuori dell’orario lavorativo.

Se la necessità di un diritto alla disconnessione senza subire ripercussioni era già presente, è stato ribadito dalla pandemia  di COVID-19.

Nel 2020, più del 30% degli Europei hanno iniziato a lavorare da casa. Ciò significa che i confini tra vita professionale e privata si confondono sempre di più.

Chi lavora da casa spesso lavora più a lungo e con orari più irregolari.

La reperibilità continua può modificare il precario equilibrio che esiste tra lavoro e vita privata oltre che  la salute fisica e mentale.

Attualmente nessuna legislazione dell’UE prevede esplicitamente il diritto alla disconnessione senza ripercussioni, anche se sembra una cosa logica.

Il Parlamento Europeo vuole porre fine alla cultura della disponibilità in ogni momento e riconosce il diritto fondamentale alla disconnessione. La Commissione Europea avverte che “l’utilizzo di strumenti digitali per periodi prolungati potrebbe determinare una riduzione della concentrazione e un sovraccarico cognitivo ed emotivo”, oltre che “aggravare fenomeni quali l’isolamento, la dipendenza dalle tecnologie, la privazione del sonno, l’esaurimento emotivo, l’ansia e il burnout”.

Purtroppo, però, le cose stanno andando diversamente, soprattutto dopo l’esplosione della pandemia da Covid19. Anche “da un’indagine di Eurofound è emerso che il 27 % degli intervistati in telelavoro ha dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative”. Sempre Eurofound ha appurato che “le persone che lavorano abitualmente da casa hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste e di riposare meno delle 11 ore previste fra un giorno lavorativo e l’altro, come sancito dal diritto dell’Unione, rispetto alle persone che lavorano nella sede del datore di lavoro”.

Alla luce di ciò, la Commissione UE ritiene che il diritto alla disconnessione debba essere considerato “un diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale.

Come impatta tutto questo sulle nostre attività? Se da un lato l’imprenditore ha la necessità di vedere svolto il lavoro assegnato, è vero anche che se il lavoratore non “stacca” sufficientemente e perde concentrazione, è molto più probabile che faccia errori o dimenticanze in alcuni casi anche molto gravi. Se quindi lavorando da casa ha un ambiente più comodo, c’è comunque il rischio di uno spreco di risorse di tempo (soprattutto) con un abbassamento della qualità del lavoro svolto. Una corretta #organizzazione è tutta nell’interesse delle parti. Se viene chiarito correttamente come svolgere il lavoro, se vengono messi dei paletti sui tempi in modo da non esagerare con lo sfruttamento della disponibilità di ciascuno (anche di noi professionisti) le attività verranno portate a termine lo stesso. In alcuni casi anche con risultati migliori

Non significa che per fare i lavori dobbiamo lavorare come le tartarughe invece delle lepri, ma in mezzo ci possono stare altre velocità (anche variabili) legate alle #persone e alla loro formazione, #organizzazione, ma soprattutto alle #tecnologie disponibili. Non possiamo chiedere ad un treno a vapore di percorrere le rotaie alla velocità di un TGV