Primo soccorso aziendale, un elemento portante della sicurezza

Il primo soccorso aziendale deve essere considerato uno degli elementi centrali per la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. Possiamo fare tutto al meglio, ma a volte gli incidenti, gli infortuni, i malesseri ci sono lo stesso. Come dobbiamo comportarci? Se interveniamo tempestivamente riusciamo a contenere i danni (se e solo se sappiamo cosa fare)

Il primo soccorso aziendale è un aspetto per il quale il datore di lavoro, in qualsiasi realtà produttiva, deve prendere i provvedimenti necessari: sia in materia di dotazioni che in termini di formazione di figure ad esso dedicate in caso di emergenza.

Cosa si intende per primo soccorso aziendale?

Il D.M. n. 388 del 15 luglio 2003 viene definito come “lo strumento operativo per la realizzazione del primo soccorso aziendale” e in esso sono indicate le modalità di organizzazione dell’azienda e delle squadre di emergenza. Quasi vent’anni di normativa, siamo in grado di fare un po’ di valutazioni.

Il Datore di Lavoro deve designare e formare gli addetti al primo soccorso e predisporre un piano di gestione delle emergenze sanitarie. Ossia un protocollo interno in cui siano indicati compiti e ruoli, e i comportamenti da osservare nelle situazioni di emergenza. Questo andrà ad integrare il piano aziendale di emergenza.

La formazione degli addetti al primo soccorso

Premessa: il numero di soccorritori presenti in azienda non è prefissato, ma varia in base al tipo di rischio, alla dimensione, all’organizzazione e in base al numero di dipendenti. Indicativamente 1 soccorritore ogni 30 dipendenti è un parametro accettabile. Tuttavia sarà necessario anche designare un sostituto di pari competenza, con funzioni di supporto, di sostituzione in caso di malattia e di soccorritore nel caso la prima figura sia il soggetto interessato dall’infortunio. Dobbiamo pensare ai turni (uno ogni 30, ma con due turni devo raddoppiare le persone), alle sedi, alla tipologia di attività da svolgere in caso di emergenza, …

La formazione di queste figure deve essere attuata da personale medico e deve durare 16 ore per le realtà produttive di gruppo A (le più rischiose) e di 12 ore per le realtà produttive di gruppo B e C (le altre).

Dotazioni di primo soccorso

Le dotazioni di primo soccorso che il datore di lavoro deve mettere a disposizione variano in base al tipo di azienda. Per le aziende di gruppo A e B consistono in:

  • Una cassetta di pronto soccorso per ciascun luogo di lavoro, che deve risultare facilmente accessibile e individuabile, contenente la dotazione minima prevista dall’Allegato 1 del decreto
  • Un mezzo di comunicazione idoneo per l’attivazione del sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Per le aziende di gruppo C invece:

  • Un pacchetto di medicazione in ogni luogo di lavoro, facilmente accessibile e individuabile, contenente la dotazione minima prevista dall’Allegato 2 del decreto;
  • Un mezzo di comunicazione idoneo per l’attivazione del sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

In alcune aziende (soprattutto quelle di grandi dimensioni) è buona norma che gli addetti al primo soccorso risultino immediatamente riconoscibili, per facilitare l’allertamento in caso di emergenza.

In questo caso la dotazione spesso è sovradimensionata: se un’azienda attua i principi base della sicurezza sul lavoro e non ci sono infortuni, probabilmente butterà il materiale del pacchetto e della cassetta, in quanto soggetti a scadenza. Infatti alcuni elementi al suo interno hanno una scadenza per la sterilità, per cui si rende necessario sostituirli.

Se poi ragioniamo di un idoneo mezzo di attivazione dei soccorsi, rispetto a quindici anni fa, in azienda abbiamo sicuramente uno o più cellulari, sicuramente comodi per la chiamata al numero unico nazionale 112 (o dove non attivo al 115/118)

Pertanto alcune cose previste dal decreto possono essere considerate superabili da nuove tecnologie, da nuovi materiale, magari anche dalla valutazione con il medico competente di un materiale diverso ma più idoneo al tipo di azienda. In un caso reale, l’azienda usava spesso garze, cerotti e ghiaccio secco, mentre buttava litri di fisiologica, disinfettante e materiale sterile che in 5 anni non veniva mai aperto. Forse un po’ di flessibilità sul contenuto della cassetta potrebbe giovare ed evitare sprechi inutili

Detto questo, magari non succede niente per anni, meglio avere a disposizione tutto, soprattutto con una preparazione sufficiente a capire segni e sintomi della situazione che abbiamo davanti

Arresto Cardiaco Improvviso — Ne conosci i segni e i sintomi?

Quando si verifica l’arresto cardiaco cessa l’apporto di sangue al corpo e al cervello e in assenza di un immediato intervento, può portare al decesso nell’arco di pochi minuti.

Per alcuni soggetti a rischio (che spesso non sappiamo di avere intorno, o peggio, di essere noi stessi), potrebbe essere importante avere un defibrillatore a portata di mano, per permette di ridurre i tempi di intervento necessari all’ambulanza per raggiungerci.

SINTOMI

Alcuni possono avvertire un improvviso batticuore o senso di vertigine, a indicare un’aritmia cardiaca potenzialmente pericolosa. Altri pazienti affetti da arresto cardiaco improvviso possono perdere coscienza prima ancora di riuscire a chiedere soccorso. Sicuramente chi gli sta intorno si rende conto di una situazione di emergenza, ma il problema vero è: cosa fare? Cosa posso fare in concreto per il mio collega?

FATTORI DI RISCHIO

Sono esposti a un maggiore rischio di arresto cardiaco improvviso i soggetti che:

  • Hanno già avuto un attacco cardiaco (infarto miocardico)
  • Soffrono di scompenso cardiaco (funzione di pompa cardiaca inadeguata)
  • Hanno già avuto un arresto cardiaco improvviso
  • Hanno un’anamnesi familiare di arresto cardiaco improvviso
  • Hanno una bassa frazione di eiezione

La frazione di eiezione, ossia la percentuale di sangue pompata dal cuore a ogni contrazione, è un indicatore fondamentale della salute di questo organo. La frazione di eiezione è spesso monitorata dai medici per stabilire se il cuore funziona in maniera adeguata.

DIAGNOSI

Solo il medico è in grado di stabilire se il paziente sia a rischio di arresto cardiaco improvviso. Per valutare tale rischio, il medico può prescrivere uno o più dei seguenti esami diagnostici:

  • Ecocardiogramma
  • Elettrocardiogramma (ECG)
  • Radiografia del torace
  • Test da sforzo
  • Cateterismo cardiaco

Lo scopo è di intercettare i primi segnali per evitare di esporre il soggetto, per esempio, a sforzi gravosi che potrebbero scatenare il problema. Oppure far lavorare il lavoratore in ambienti pericolosi, dove la sua patologia potrebbe metterlo in difficoltà, coinvolgendo anche i colleghi.

Immaginatevi un carrellista che mentre sta guidando viene colto da arresto cardiaco. Oppure immagina cosa potrebbe succedere se la squadra va in uno spazio confinato e uno di loro (magari il più esperto), colto da malore improvviso, costringe tutti a dover attuare le misure di emergenza. Se poi proprio l’esperto è colui che sa cosa fare in emergenza e non abbiamo formato adeguatamente gli altri rischiamo un effetto domino.

 

Conclusioni

La squadra di primo soccorso è forse la squadra più importante per la gestione dell’emergenza, quella per la quale conviene formare più persone possibili. Magari non esageriamo sul numero di cassette e pacchetti di medicazione, ma piuttosto che una persona in meno, meglio una in più.

Ai clienti medio-piccoli, consiglio sempre di formare tutti (o tutti i possibili) per evitare sorprese in caso di emergenza, perché un arresto cardiaco improvviso, dopotutto, non si nega a nessuno!

 

Ai posteri l’ardua sentenza