PERCHE’ L’AGRICOLTURA E’ PERICOLOSA

Ribaltato col trattore o morto di fatica: perché nelle campagne ogni anno è strage di lavoratori

 

Schiacciati dai trattori che si ribaltano, dilaniati dagli ingranaggi del giunto cardanico, spesso uccisi dalla fatica dopo giornate estenuanti sotto il sole nei campi. Ogni anno in Italia centinaia di lavoratori muoiono nelle campagne dal nord al sud: colpa di macchinari obsoleti, ma anche dello sfruttamento, della fretta e della corsa al profitto che fa tagliare gli investimenti in sicurezza. Insomma una cultura al risparmio che non aiuta nessuno

 

In Italia chi produce il cibo che mettiamo in tavola rischia la vita ogni giorno. L’elenco delle vittime è in continuo aggiornamento, che si tratti di operai, braccianti o piccoli imprenditori addetti in prima persona al lavoro nei campi. Il “Bollettino di Guerra” dei lavoratori della terra che perdono la vita ogni giorno conta però centinaia di nomi e storie: schiacciati dai trattori, colti da malore, catturati dagli ingranaggi dei macchinari, travolti da tonnellate di peso.

I numeri parlano chiaro e descrivono una situazione drammatica, seppur ufficialmente in miglioramento se si osserva la tendenza nel lungo periodo: secondo l’Inail, nei primi quattro mesi del 2021, gli infortuni in agricoltura sono aumentati del 7,4% rispetto al 2020, (dato inquinato dal fatto che l’anno scorso a causa del lockdown si è lavorato molte ore in meno).

Sempre secondo l’Inail, infatti, tra il 2020 e il 2019 vi è stata un’importante diminuzione sia degli infortuni che dei decessi: i primi sono scesi del 19,6%, mentre i secondi del 25,2%. Questi dati, tuttavia, non sono completi per un settore dove il ricorso al lavoro nero è ancora massiccio.

Quanti infortunati sfuggono alle statistiche dell’Inail? E quanti imprenditori non del tutto in regola denunciano incidenti nei campi occorsi a braccianti senza contratto?

 

Nel 2020, 162 persone morte dopo un incidente con il trattore

Il quadro descritto dall’ASAPS, l’Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, è decisamente diverso da quello dell’Inail e dimostra la grande confusione sui numeri: nel 2020 gli incidenti con macchine agricole conteggiati sono stati 422, in netto aumento rispetto al 2019, quando furono 307. I morti, invece sono stati 162, in aumento dell’11% rispetto alle 146 vittime dell’anno prima. Dati drammatici, anche se va specificato che l’Osservatorio conteggia anche gli incidenti con trattori agricoli che avvengono sulle nostre strade e non solo nei campi.

Servono finanziamenti pubblici rivolti anche alle piccole imprese agricole

Si alzano voci da più parti che serve avere uno Stato che mette a disposizione aiuti economici a chi investe. Qualcosa si sta già facendo, ma è giusto evidenziare un problema: il prezzo di trattori e degli attrezzi agricoli è spesso inarrivabile per i piccoli imprenditori, spesso in difficoltà per annate di raccolti sfavorevoli o per la necessità di far quadrare i conti. Così, mentre i “grandi” del settore possono spendere centinaia di migliaia di euro per macchine all’avanguardia (e magari ricevono anche gli aiuti), i “piccoli” a volte si devono accontentare di mezzi obsoleti e non sempre sicuri.

Le imprese agricole sono per lo più imprese familiari e il datore di lavoro e il lavoratore sono la stessa persona. A perdere la vita sono i coltivatori diretti che non hanno le risorse adeguate per rinnovare il proprio parco macchine, dotandolo di tutte le caratteristiche di sicurezza necessarie. Aggiunto ad una cultura del risparmio troppo spinta per recuperare più risorse possibili, l’infortunio è dietro l’angolo

Sarebbe ideale se i ‘piccoli’ fossero incentivati a mettersi in rete, creare consorzi e cooperative. Se gli investimenti sono uguali per tutti, si rischia di moltiplicare i costi. Se la collaborazione (sotto forme più o meno regolamentate) fosse data dal fatto che io prendo questo attrezzo, tu prendi l’altro e poi ci aiutiamo (scambiandoceli o facendoci i lavori a vicenda) allora i piccoli potrebbero cominciare a crescere, lentamente, ma tutelati e protetti almeno per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro.

Di certo il settore primario, quello della produzione di cibo, ha bisogno di grande sostegno da parte della politica, gli agricoltori non possono essere lasciati in balia delle leggi del mercato e della concorrenza.

Sui banchi dei supermercati si vendono prodotti a prezzi irrisori, spesso provenienti di nazioni estere (della Comunità europea, ma anche da fuori), ma questo per chi produce cibo significa dover fare attenzione e controllare i salari per tenerli più bassi possibile, tagli alla sicurezza con la convinzione che valga la pena rischiare piuttosto che spendere.

Alla fine però la produzione italiana è la più apprezzata al mondo, con il controsenso che a noi costa troppo.

Nelle campagne i ritmi di lavoro sono estenuanti, spesso non sono previste pause e i controlli sono pochi e insufficienti. Non ci si ferma neppure con il caldo perché bisogna correre e sbrigarsi, recuperare le giornate perse per il brutto tempo. Questo è quello che chiede il mercato: essere competitivi a tutti i costi, ma a pagare il prezzo più alto sono sempre i lavoratori.

Insomma, sembra proprio che la politica dovrebbe mettere mano non solo ad un sistema di investimenti, ma anche ad un modello di Business che in qualche modo favorisca il prodotto italiano o almeno gli faccia avere il giusto riconoscimento. Le regole della sicurezza sul lavoro si affiancano a quelle del mercato, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono quelle dell’ambiente, per alcuni del “biologico” e sempre nell’interesse di contrastare il lavoro nero, se non addirittura il fenomeno del caporalato.

Non credo che LA soluzione siano i soldi pubblici (certamente aiutano), ma ritengo che un approccio diverso sia necessario: che senso ha avere nei nostri banchi del supermercato i pomodori spagnoli o olandesi e non avere quelli italiani perché costano troppo? O peggio perché siccome il prezzo di acquisto è troppo basso, il contadino preferisce lasciarli sulla pianta perché non può rimetterci ulteriormente?

Ai posteri l’ardua sentenza

 

La Sicurezza sul lavoro ti uccide (se non sai come si fa)