Incidenti sul lavoro, Inail: “Nei primi due mesi dell’anno 114 morti, preoccupante incremento”.

I dati rilevati a livello nazionale mostrano che, rispetto al primo bimestre del 2021, sono aumentati da 19 a 29 i casi di morti sul lavoro in itinere, mentre i decessi avvenuti durante il lavoro sono stabili a 85. L’incremento di decessi vale per gli uomini (da 97 a 101) e per le donne (da 7 a 13). Crescono le denunce sia dei lavoratori italiani (da 89 a 97) che degli extracomunitari (da 10 a 13) mentre diminuiscono quelle dei comunitari (da 5 a 4)

L’aumento del numero di morti sul lavoro ha interessato particolarmente il settore dell’industria e servizi, in cui le denunce sono aumentate dalle 84 del primo bimestre del 2021 alle 100 denunce del periodo gennaio-febbraio 2022. Il settore dell’agricoltura invece è sceso dai 15 ai 9 casi. In base ai risultati dell’analisi territoriale

Il numero di denunce di infortuni sul lavoro è dunque aumentato del 47,6% rispetto alle 82.634 del primo bimestre del 2021 e del 26,4% rispetto alle 96.549 del periodo gennaio-febbraio 2020.

“L’andamento degli infortuni nel periodo 2019-2021, al netto dei contagi Covid, presenta elementi di evidente complessità”, secondo Bettoni. “In riferimento al 2022, l’analisi statistica dei primi due mesi conferma l’urgenza di agire sinergicamente per invertire la rotta”. Per il presidente dell’Inail in Italia manca “una reale cultura della prevenzione che va costruita iniziando dai banchi di scuola”. “Una valida politica di prevenzione, l’interiorizzazione della cultura della sicurezza, non penalizzano l’impresa sul mercato, anzi, possono costituire elemento determinante di affermazione e competitività” ha concluso Bettoni.

Di lavoro si continua a morire. Solo tra gennaio e marzo del 2022 sono state 189 le morti bianche, un aumento del 2,2% rispetto allo stesso periodo nel 2021, come emerge dai numeri riportati dall’Inail. Una strage che non si ferma, nemmeno nella Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro. Un operaio 39enne è morto alla Farnesina, a Roma, precipitando durante i lavori di manutenzione dell’ascensore e un 50enne è morto nel polo logistico di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza.

Un’emergenza da affrontare, secondo l’Inail, investendo nella prevenzione. Il presidente Franco Bettoni, intervenendo all’iniziativa “Insieme per la salute e la sicurezza sul lavoro” a Vibo Valentia, ha dichiarato: “L’Inail cercherà di migliorare il proprio impegno, mettendo 2,7 miliardi, prevedendo agevolazioni per chi fa prevenzione e investendo in attività di ricerca per favorire politiche di prevenzione”. Mentre l’ex ministro del Lavoro e membro del CdA di Inail, Cesare Damiano, ha sottolineato che “il costo degli infortuni incide, a livello nazionale, del 3% sul prodotto interno lordo (circa 45 miliardi di euro ogni anno), se soltanto una parte di questa somma fosse spesa per prevenire gli infortuni avremmo imboccato la strada giusta”.

In tre mesi ci sono stati 189 morti sul lavoro

L’aumento che emerge dal confronto di periodo tra il 2022 e il 2021 è legato sia alla componente femminile, che registra un +72,9% (da 51.550 a 89.130 denunce), sia a quella maschile, che presenta un +36,1% (da 77.121 a 104.976). L’incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+54,6%), che quelli extracomunitari (+35,1%) e comunitari (+25,6%). Dall’analisi per classi di età emergono incrementi generalizzati in tutte le fasce. Quasi la metà dei casi confluisce nella classe 40-59 anni.

Dall’analisi per classi di età, da segnalare gli aumenti dei decessi tra gli under 40 (da 34 a 49 casi) e tra i 45-49enni (da 22 a 24), in calo quelli tra i 40-44enni (da 17 a 16) e tra gli over 49enni (da 112 a 100).

Inail, 1.221 persone sono morte sul lavoro nel 2021

Più di 3 al giorno. Inoltre, 555 mila gli infortuni segnalati e 55 mila le patologie di origine professionale

Quindi nel 2021 più di 3 persone sono morte ogni giorno nell’esercizio della propria attività lavorativa. Sono in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,9% rispetto al 2020), ma comunque ancora troppe: ben 1.221 gli incidenti con esito mortale presentate all’Inail nell’intero arco del 2021.

Sono tante, in diminuzione, ma al telegiornale se ne sente parlare sempre con allarme. Allora di cosa stiamo parlando?

Riassumendo i macro-dati delle denunce presentate all’Inail nell’intero arco del 2021:

  • 555.236 denunce di infortunio sul lavoro nel 2021
    • +0,2% rispetto al 2020
  • 1.221 delle quali con esito mortale
    • -3,9% rispetto al 2020
  • 55.288 patologie di origine professionale denunciate
    • +22,8% rispetto al 2020

Le morti bianche nel 2021 sono diminuite del quasi 4% rispetto all’anno precedente, contando 1.221 vittime a fronte delle 1.270 rilevate nel 2020. Quindi la sicurezza sul lavoro è migliorata? Almeno un po’?

Nel primo bimestre 2022 gli infortuni mortali sono stati 114. Il bollettino del primo trimestre dice 189.

Se usiamo una semplice media, fino al 28 febbraio avevamo 57 infortuni al mese, ma a fine marzo abbiamo 63 infortuni mortali. Un sicuro aumento e non una diminuzione. Siamo in controtendenza con il 2021?

Approfondiamo ancora un po’

Per quanto riguarda la modalità di accadimento, dei 1.221 casi rilevati nell’anno, 973 riguardano gli infortuni in occasione di lavoro e 248 gli infortuni in itinere.

Il dato non chiarisce ovviamente se l’infortunio in itinere può essere causato dal lavoro oppure no. Servirebbe sapere quanti dei 248 incidenti sono avvenuti con colpa del lavoratore, oppure quanti sono avvenuti in base alle ore di lavoro del lavoratore. Se è un mese che lavoro tanto, facendo tanti straordinari, magari l’infortunio l’ho causato per stanchezza, con colpa, ma perché per lavorare non sto riposando abbastanza (fisico e mente). Se invece mi sono venuti addosso, quindi non ho colpa, è infortunio in itinere, ma è poco probabile la causa di sicurezza sul lavoro

Il contagio Covid-19 come infortunio sul lavoro

Da marzo 2020 a dicembre 2021 sono 191.046 le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 segnalate all’Inail, il 16,7% del totale delle denunce di infortunio pervenute nel periodo in esame e il 3,1% del totale dei contagi in Italia. È quanto emerge dalla Scheda nazionale infortuni sul lavoro da Covid-19 dell’Inail.

Inoltre sono 811 le persone che sono decedute avendo contratto il Covid-19 in ambito lavorativo.

Dato che nel 2020 ci sono stati 1270 infortuni mortali e nel 2021 sono 1221 allora gli infortuni mortali per covid sono stati il 32.55% del totale decessi denunciati da gennaio 2020. E nel 2022? La percentuale di morti Covid sul lavoro è ancora quella o si è modificata? Come impatta oggi la Pandemia, vista la cessazione dell’emergenza il 31 marzo?

Negli ultimi due anni quindi il numero di decessi per infortunio sul lavoro risente molto della pandemia vissuta. Quasi il 33% degli infortuni mortali della somma dei due anni è causato dal Covid. Sarebbe interessante capire il trend attuale. L’aumento di infortuni mortali non sembra più legato al Covid. Se non si sta morendo per il virus, significa che le attività svolte in azienda sono molto più pericolose rispetto al 2020/2021.

In realtà una delle cose che non viene mai chiarito come si deve, è quanti infortuni avvengono in rapporto alle ore lavorate. Le cause sono importanti per capire dove agire, ma non dicono da sole se le aziende stanno lavorando bene oppure no

Un esempio per chiarire: settore industria, pericoloso, attualmente in crescita, con un infortunio a settimana.

Settore servizi (per esempio ristorazione) con un infortunio a settimana.

In termini assoluti abbiamo già due infortuni a settimana, ma se consideriamo le ore lavorate per settore, oggi le industrie stanno lavorando tanto, con relativi straordinari, con un certo tournover per l’inserimento di nuova forza lavoro (poco formata)

Invece il settore della ristorazione ha ancora grossi strascichi, fa fatica ad assumere perché non trova personale, ha le attività condotte dalla “famiglia” e le ore lavorate totali (soprattutto tra il 2020 e il 2021) sono state nettamente inferiori

Quindi in termini di rapporti, abbiamo che l’industria in qualche modo si salva perché lavora tanto, mentre la ristorazione è peggiorata perché lavora poco

Questo esempio deriva dall’aver considerato il numero di infortuni in modo assoluto. Ovviamente il settore ristorazione non genera così tanti infortuni come l’industria, proprio per le caratteristiche appena dette. Da questo si capisce come i numeri presentati spesso sui giornali, dicono tutto e dicono niente. A volte forse sono troppo strumentalizzati

Facciamo quindi un po’ di ordine:

  • anche una sola vita spezzata è una vita di troppo che abbiamo perso. Non si deve morire di lavoro
  • quando parliamo di infortuni in Italia, dobbiamo chiarire il confronto rispetto a cosa lo facciamo. Ha poco senso paragonare i numeri sulla base del periodo (trimestre 2022 sul trimestre 2021 per me non è un confronto significativo visto che sono cambiate le condizioni, le regole di lavoro, i lock down, …), mentre sarebbe importante avere disponibili le ore lavorate totali (anche in un periodo come il trimestre se si vuole fare il paragone del periodo)

Gli infortuni e le relative frequenze di infortunio che avvengono per settore sono tra loro molto diverse. Oltre al dato nazionale, servirebbe sapere il dato, per esempio, per codice ATECO primario: così un’azienda potrebbe verificare il proprio indice di frequenza, oppure il tasso di gravità, in modo semplice con quello nazionale ed essere in grado di capire se è sopra o sotto la media.

  • Sopra la media, c’è ancora tanto da fare
  • Sotto la media, abbiamo fatto tanto, ma si può fare meglio

 

Che senso ha il seguente articolo:

Restano costanti gli infortuni segnalati nel 2021

Gli incidenti in occasione dello svolgimento della propria attività lavorativa sono pressoché costanti nel 2021 rispetto all’anno precedente (+0,16%), contando 555.236 denunce all’Inail a fronte delle 554.340 rilevate nel 2020.

Il 2021 ha visto tanti lockdown e tante situazioni complicate a causa della pandemia.

Se faccio parte del settore sanitario ho avuto sicuramente grandi problemi con il coronavirus, ma negli altri settori?

I numeri assoluti a livello nazionale sono rimasti invariati? Che tipo di informazione ci fornisce se non aggiungiamo, per esempio, il dato relativo al settore.

A cosa serve sapere se il Veneto ha avuto più o meno infortuni rispetto all’anno precedente? Magari con il rapporto delle ore lavorate l’indicatore si è abbassato (ne dubito, ma questa è la teoria di base)

In forte aumento le denunce di malattie professionali

Nel periodo gennaio-dicembre 2021 le denunce di malattie professionali protocollate sono state 55.288, il 22,80% in più rispetto al 2020, quando erano state 45.023.

La malattia professionale è una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo. Si tratta di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali. Per le malattie professionali, quindi, non basta l’occasione di lavoro come per gli infortuni, ma deve esistere un rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia. Il rischio può essere provocato dalla lavorazione che l’assicurato svolge, oppure dall’ambiente in cui la lavorazione stessa si svolge (cosiddetto “rischio ambientale”).

Quindi il dato confrontato tra il 2021 e il 2020 è poco significativo. Sono aumentate ed è sicuramente preoccupante, ma rispetto a 3/5 anni prima? Rispetto a 10 anni prima? Sul lungo periodo il dato ci direbbe se le cause di lavoro sono state significative, soprattutto per settore specifico. In questo caso sarebbe utile un rapporto sulle ore lavorate, ma non totali, bensì del singolo lavoratore. Abbiamo 55288 malattie professionali del 2021? In quante ore lavorate, mediamente, il lavoratore si è ammalato? Ci sono voluti 5/6 anni oppure 30/35. Questo dato è quindi ancora più complesso da rendere significativo, ma sicuramente aiuta la televisione a fare audience (“alla TV hanno detto che le malattie professionali sono in aumento!”)

 

Conclusioni:

i numeri sono importanti soprattutto se vogliamo prendere delle decisioni serie. Non possiamo farlo “a sensazione” oppure perché l’hanno detto al telegiornale. La Politica e le nostre aziende devono agire in base alla situazione reale, non a quella ipotizzata. L’impressione che ho al momento è che si faccia un gran parlare dell’argomento, senza entrare nel merito delle cause e delle situazioni specifiche. Che senso ha imporre al Datore di lavoro un corso sulla formazione della sicurezza? Forse che un imprenditore non sa quali sono le regole da rispettare? E allora perché c’è l’obbligo di un RSPP? Diciamo che l’imprenditore che dichiara di non sapere, mente sapendo di mentire, per pigrizia perché non vuole informarsi, o per econimicità perché non vuole spendere soldi. Il risultato non cambia

Ripeto che anche una sola vita spezzata è una vita persa di troppo. Se però vogliamo evitare il problema, non serve riempirsi la bocca di numeri, con il classico metodo del cambiare tutto per non cambiare nulla

Se l’INAIL vuole può comunicare un resoconto molto più efficace (i dati li ha):

Oltre ai dati assoluti, esistono degli indicatori riconosciuti a livello internazionale che ci possono dire:

  • indice di frequenza (da ottenere aggregato per settore economico o per macrosettore)
  • Tasso di infortunio (sempre aggregato come il precedente, ma legato alla gravità dell’infortunio)

Allora il confronto di questi dati su pari periodo possono essere significativi per esempio, analizzando le cause:

  • dovuto alle ore lavorate?
  • Dovuto alla scarsa formazione?
  • Dovuto alla scarsa tecnologia utilizzata?

Forse questo non si vuole, forse è troppo faticoso farlo. Non so, non mi è chiaro

Quello che però vedo è che gli imprenditori virtuosi, che cercando di rispettare le regole, che hanno pochi infortuni oppure nessuno, sono quelli che ne pagano le conseguenze.

“Per colpa di qualcuno non si fa più credito a nessuno”

Ai posteri l’ardua sentenza