COVID, IL DATORE È UNICO GARANTE

In materia di sicurezza sul lavoro e rischi anti Covid-19, la responsabilità del Datore di Lavoro non è delegabile. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 9028 del 2022, con cui la terza sezione penale ha fornito indicazioni sull’individuazione del Datore di Lavoro e delle sue responsabilità, nell’ambito delle condotte riferite alla valutazione del rischio connesso alle malattie da Covid-19.

Specificamente, l’amministratore delegato di un noto istituto di credito era stato assolto dai reati relativi alla mancata valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili da pandemia Covid-19 e alla designazione del Responsabile per la Sicurezza, avendo l’imputato delegato tali funzioni a un dirigente attraverso un atto formale.

Le responsabilità del datore di lavoro

Qualora il datore di lavoro non dovesse prevedere nessuna delle forme di tutela dei lavoratori ovvero si verifichi il contagio sul posto di lavoro per la mancanza o insufficiente dotazione dei DPI, potrebbe non solo incorrere nelle sanzioni civili (la multa per intendersi), ma anche rientrare nei delitti penali previsti dall’art. 589 e 590 c.p..

L’inosservanza delle norme per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro può quindi determinare una responsabilità civile e penale. La mancata osservanza di una delle norme sarebbe già sufficiente a determinare una responsabilità penale nel caso di un dipendente che affermi di aver contratto la malattia (pur se asintomatico) sul luogo di lavoro.

Ovviamente non è tutto così semplice. Dobbiamo distinguere tra infortunio sul lavoro e malattia (la classica assenza per influenza) anche in base al settore di appartenenza.

Facciamo un esempio: se il dipendente si ammala di Covid in quanto infermiere dell’ospedale e non ci sono contagi possibili dalla vita privata, un eventuale focolaio con quattro o cinque dipendenti in isolamento per covid, all’interno del reparto dove lavora, giustifica l’infortunio specifico

Se invece di un infermiere pensiamo all’operaio di una piccola industria, dove ci sono sempre i quattro o cinque assenti in isolamento, possiamo considerarlo lo stesso infortunio? Oppure magari hanno avuto il contagio dai figli, nella vita privata, e al lavoro sono assenti, per esempio perché i bambini frequentano la stessa scuola (come a volte capita)?

Come si fa a capire se è infortunio sul lavoro oppure no?

Chiarito che il Datore di Lavoro che non osserva le norme antinfortunistiche, è punibile ai sensi delle nostre normative, tale condotta diventa importante per capire quale sia la situazione. Se nella fabbrichetta le norme non vengono rispettate, il distanziamento, l’igienizzazione, la mascherina, vengono ignorate, sarà possibile individuare una qualche responsabilità, anche se il primo magari è stato contagiato dal figlio.

Per quanto concerne l’infortunio sul lavoro, non occorre che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Prevenzione anti-Covid: la responsabilità del datore di lavoro non è delegabile

La Corte di Cassazione, con la sentenza della terza sezione penale n. 9028 del 2022, ha fornito importanti indicazioni sull’individuazione delle responsabilità del datore di lavoro nell’ambito dei comportamenti riferiti alla valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili a causa del Covid-19.

Questo non significa che oggi bisogna allarmarsi: l’emergenza è cessata, le regole anticovid stanno diventando più leggere, ma non è così semplice. Continueremo a tenere la mascherina anche se non c’è più l’obbligo per il Covid? Il protocollo anticontagio come lo conosciamo, andrà aggiornato e per farlo servirà fare una valutazione dei rischi molto più sostanziale:

quanto mi costa avere i dipendenti in isolamento (che quindi non producono) solo perché non mi sono preoccupato di adeguarmi e magari proteggerli un po’ di più?

Parli facile tu, ma i miei dipendenti non ne possono più di portare la mascherina, specie adesso che sta arrivando il caldo”

Certamente, vale per loro e vale anche per me, ma la sicurezza sul lavoro ci insegna che dobbiamo capire come usarla la mascherina, così come le altre restrizioni. Se finora abbiamo dovuto usarla a prescindere, magari oggi la usiamo solo per la riunione in sala riunioni (che è piccola, siamo in tanti, non si può mai sapere, …) Se ieri tutti dovevano averla a prescindere dalla distanza dal collega, oggi mi basta che ce l’abbiano a “portata di mento”.

 

A questo proposito, ricordo che nell’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, le ipotesi che danno origine a un obbligo di aggiornamento sono quattro:

-modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro che impattano sulla salute e sicurezza dei lavoratori;

– evoluzione tecnologica che consenta una migliore prevenzione;

– verifica di infortuni significativi;

– esiti della sorveglianza sanitaria che evidenzino la necessità di un aggiornamento del DVR, e che nelle causali per la rielaborazione del DVR non sono quindi indicate circostanze ambientali estranee ai rischi specifici aziendali come è l’ipotesi di una epidemia o potenziale pandemia.

 

Conclusioni

Per terminare quindi, non possiamo considerare finito l’impatto del Covid sulle nostre attività, solo perché è cessata l’emergenza. Almeno fino a fine anno dovremo comunque cercare di contenerne gli effetti (visto che parliamo ancora del 15% dei tamponi giornalieri che risultano positivi). Dopotutto il Covid sta ancora girando. Magari le regole non saranno troppo burocratiche, magari avremo aziende con regole diverse e quindi un po’ di difficoltà ad orientarsi per capire cosa è giusto e cosa no, ma questo è tipicamente italiano, soprattutto nella sicurezza sul lavoro

Ai posteri l’ardua sentenza